Guardo i funerali di Pino Daniele a Piazza del Plebiscito a Napoli e penso che ho sempre odiato i funerali fino a quando non è morto mio padre. Anche allora ho pensato, conoscendoci noi tutti in famiglia, religione? ma che è? Noi comunisti, noi anticlericali, noi che Papa Wojtila un criminale quando da San Pietro inveisce contro i preservativi mentre mezza Africa muore di AIDS.
Noi che seduta sul sedile anteriore del lungo carro funebre color argento arriviamo davanti alla piccola chiesa di paese e ci accorgiamo di quanto mio padre era conosciuto e amato. Perchè la folla fuori è immensa e dentro pure. Noi che "cazzo, i suoi colleghi vigili hanno fatto il picchetto" attraverso cui passiamo, imbarazzati, dietro la bara, mia madre più minuscola di sempre e mio fratello con un braccio sulle sue spalle, a proteggerla, io subito dietro con il braccio destro al collo per la fresca frattura di un omero. Quel giorno ho capito che quando seppelisci una parte della tua vita, la presenza delle persone ti dà forza e coraggio, ti fa capire che puoi essere orgogliosa di avere condiviso la tua vita con quella persona, con tutti i suoi pregi e i suoi difetti. Ho capito quel giorno, quanto può essere d'aiuto, mentre ti senti inebetita e poi straziata da una perdita così grande, il calore umano di tutti quelli che in un modo o nell'altro hanno amato quella persona abbastanza da prendersi un paio d'ore da tutto e portare l'ultimo saluto.
E poi mi accorgo che la prima persona che mi viene in mente, se penso a Pino Daniele, è mio fratello che ascoltava "Quann' chiove" in continuazione, perchè s'era innamorato veramente. Ma non lo diceva. Io lo sapevo solo perchè lui ascoltava sempre quella canzone.
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