Primo incontro
1.
Ho capito il metodo. Ogni persona presente
prende la parola e racconta un pezzo della sua esperienza. E tu senti risuonare
dentro alcune corde, in modo più o meno forte a seconda degli elementi che
ascolti e ad un certo punto ti rendi conto che sei in un contesto nuovo, dove
le persone attorno a te hanno vissuto/vivono qualcosa che conosci molto bene,
anche se ognuno a modo proprio
2.
Ho capito a che livello mi trovo della malattia:
sono riuscita a interrompere da sola senza fare grande fatica. Forse il giorno
più duro è stato lunedì: sono rientrata a lavoro dopo tre settimane di ferie e mentre
guidavo verso casa sono stata assalita dall’ansia perché quello è l’orario
dell’aperitivo, la calamita verso il bar. Ma sono riuscita a farmene una
ragione. Sono andata dritta dai gatti e ho fatto altro, mi sono distratta.
Mentre mi saliva la voglia di cedere al rituale quotidiano di andare al bar ho immaginato
le persone che avrei incontrato, l’atmosfera, il sapore del prosecco e poi la
voglia di prendere del vino da portare a casa che di sicuro si sarebbe
scatenata e ho avuto un senso di
repulsione, una sensazione di INUTILITA’, ho avuto la percezione forte di
conoscere già tutti i movimenti e ho sentito una stanchezza enorme all’idea di
ripeterli: versarmi da bere mentre guardo la TV seduta al tavolo della cucina
da sola, la consapevolezza che pian piano avrei iniziato a non avere più totale
coscienza del momento, avrei bevuto fino a finire la bottiglia come fosse
qualcosa di irrinunciabile, e non importa che ora fosse stata, sarei andata a
dormire e il giorno dopo non avrei avuto memoria di gran parte della serata. Anzi:
mi sarei svegliata preoccupata e mi sarei guardata intorno per capire se avessi
fatto qualche danno. E così è stato relativamente semplice addomesticare la mia
mente e sottrarla alla schiavitù della routine, dell’abitudine più facile,
quella che conosco meglio, a cui mi sono aggrappata tante volte, che mi dava un
senso di conforto, quella di scivolare fino al bar e ordinare il primo prosecco
dei molti che ancora una volta avrei bevuto.
3.
Ho capito che ho superato una linea sottile da
cui non posso più tornare indietro. Io non potrò mai più bere nemmeno un
bicchiere di nulla. Altrimenti il circolo riprenderà. Non posso controllare
l’alcool. Lui ha preso un tale potere per cui nel giro di niente non sarò di
nuovo più in grado di gestirlo. Io non potrò più bere un bicchiere di vino a
cena o una birra con una pizza. Il mio problema oggi non è il bicchiere di
troppo, ma il PRIMO bicchiere.
4.
Mi hanno invitata a raccontare la mia esperienza.
Ho raccontato del mio rapporto complicato con l’alcool in generale, il rito
quotidiano dell’aperitivo a cui mi è sempre stato difficile rinunciare, e la
degenerazione degli ultimi mesi, per finire alle ultime settimane passate a bere a casa da sola e per concludere con gli ultimi giorni, la
serata da Fabio e la “tre giorni” di bevute ininterrotte che mi hanno portato a
cadere in casa procurandomi lividi in tutto il corpo. E infine la resa: una
settimana fa a quest’ora ero da mia madre che camminavo avanti e indietro per
casa sua senza riuscire a stare ferma e seduta. Da allora non ho più bevuto
nulla. Alla fine del mio racconto un degli altri partecipanti, di quelli che ne
sono usciti e ora aiutano i nuovi arrivati, mi ha detto: “Per come ragioni, sei
nel posto giusto”.
5.
Alla fine dell’incontro una ragazza, Denise, 39
anni, mi ha preso le mani tra le sue e mi ha detto: “Mentre parlavi tremavo
tutta, non riuscivo a stare ferma. Mi hai fatto risuonare molte corde”. Quando
parlavo delle reazioni violente e soprattutto del terrore del giorno dopo
dovuto al totale vuoto di memoria di quanto accaduto, vedevo solo la sua testa
fare su e giù.
6.
La teoria delle 24 ore: ognuno di noi deve impegnarsi
a non bere per 24 ore. Ogni giorno.
7.
La sensazione più forte è stata sentirmi
completamente compresa, sentirmi parte di qualcosa, completamente accolta.
Questo è successo solo ascoltando il racconto delle esperienze degli altri.
Avevo deciso, mentre ascoltavo, di non parlare, visto che era la mia prima
sera. Ma il coordinatore del gruppo, dopo alcuni interventi mi ha chiamata in
causa. Ed io che mi stavo un po’ chiudendo nelle mie riflessioni, sono invece
riuscita a parlare a ruota libera, pur articolando in modo sensato il mio primo
racconto.
8.
Appena sono arrivata mi è sembrato un gruppo di
scoppiati male assortiti. Per un attimo mi sono chiesta: “Ma che ci faccio qui?”.
Ma mi ero ripromessa di non avere pregiudizi, di provare. E quando ognuno ha
iniziato a parlare di sé, tutta la parte esteriore, l’immagine di loro, è
scivolata in fondo e la mia attenzione e soprattutto il mio “giudizio” si è
concentrato sul lato interiore che emergeva dalle loro parole. Sono sfumati i
volti, l’abbigliamento, l’aspetto meramente fisico, l’età, un contesto altro
rispetto a qualunque cosa io abbia mai vissuto in passato.
9.
Il mio compleanno quest’anno cade di martedì,
tra due settimane, ed io che non sapevo come festeggiarlo e soprattutto che
temevo di cedere e brindarci sopra, sono contenta che lo passerò con loro, al
mio terzo incontro. Magari porterò i
pasticcini (cosa che non ho mai fatto nella mia vita).
10.
Mi è tornato l’appetito ma a volte è come se
fosse una compensazione alla mancanza di alcool, come quando ho smesso di
fumare e i primi tempi avevo sempre bisogno di sostituire la sigaretta con
qualcosa di sfizioso da mangiare. Ma siccome non voglio ingrassare, bevo acqua
e raggiro la mente.