Provo a sollevare il capo,
guardare davanti a me anche solo di pochi metri,
camminare, calma, respirando a fondo,
un passo dietro l'altro,
prima un piede poi l'altro
e lasciare indietro tutto quello che mi fa male,
lasciarlo scorrere via senza opporre resistenza.
Ma appena mi distraggo mi pesa addosso come un macigno.
Sento brevi fitte ma costanti che portano il nome di mia madre, di mio padre, di chi se n'è andato senza un'ultima parola, senza avermi aiutata a disinfettare e bendare la ferita.
Sento la cieca indifferenza del mondo che a volte assume il colore inquietante dell'ottusa ostilità.
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