lunedì 22 novembre 2010

L'ultimo respiro

Ti ho visto un pomeriggio
caldo e ventoso di maggio
emettere il tuo ultimo respiro.
Ero lì,
tenevo la tua mano nella mia
mentre ti guardavo respirare
sempre più lentamente
sempre più faticosamente.
Nella mia follia ho chiamato aiuto,
quando ho visto gli ultimi aneliti di vita
arrancare sulle tue labbra,
attraverso le tue narici,
i tuoi occhi chiusi da due giorni,
Un'immagine fissa nella mente:
il tuo sguardo,
lucido e cosciente puntato su di me,
stranito,
diceva:
"Che ci faccio qui?
Portami via".
E un attimo dopo sei sparito,
senza darmi il tempo di parlare.
Me lo porto con me,
quell'ultimo messaggio,
è sempre con me,
quello sguardo che mi manca come ognuna delle tue risate,
delle tue parole,
quelle dolci e severe,
ironiche e affettuose.
Preoccupate.
Rabbiose.
Dure.

Mi mancano tutte, pa'.

Hai inspirato con tutte le tue forze,
attraverso quel corpo gracile,
ridotto a poche ossa,
cercando disperatamente l'aria,
l'aria che non c'era più,
non per te.
In quell'ultimo tentativo il tuo respiro si è fermato a metà,
la tua bocca è rimasta aperta,
tutto si è congelato.
Fino a quando dal più profondo degli abissi della mia anima
è risuonato un lamento che arrivava da lontano,
da un mondo che non c'è,
un mondo che non c'era prima di quell'istante,
ma che è stato dentro di me tutta la vita.
Per affiorare,
alle tre in punto,
di quel ventoso caldo pomeriggio di maggio.

Mi è entrato nelle ossa e nella carne
e non mi lascia più,
pa'.

Nessun commento:

Posta un commento