domenica 26 febbraio 2012

Povero Shakespeare

"Vivere nell'inganno è facile ed è la nostra condizione naturale, e in realtà questo non dovrebbe dolerci poi tanto. Si ricorda che tutti viviamo, in maniera parziale ma permanente, subendo l'inganno oppure praticandolo, raccontando soltanto una parte, nascondendo un'altra e mai le stesse parti alle diverse persone che ci circondano. E tuttavia, a quel che sempbra, non siamo del tutto capaci di abituarci a ciò. E quando scopriamo che qualcosa non era come l'abbiamo vissuto ci si pressenta nella vita reale quel dilemma che può tormentarci così tanto e che in grande misura è il terreno della finzione: non sappiamo più come abbiamo vissuto ciò che abbiamo vissuto, se è stato quello che abbiamo creduto fino a quando siamo stati ingannati o se dobbiamo gettare tutto quanto nel sacco senza fondo dell'immaginario e tentare di ricostruire i nostri passi alla luce della rivelazione presente e del disinganno".
Ottima intuizione, caro Javier Marìas, ma c'era veramente bisogno di scrivere un romanzo di 300 pagine ripetendo all'infinito le stesse parole e le medesime scene in una ridondanza asfissiante e snervante che ho combattuto per tutto il libro mandandoti affanculo ogni volta che l'ho richiuso, estenuata, dopo l'ennesima ripetizione, sconfitta da tanta inutile prolissità?

Ma forse l'hai pensato anche tu di te stesso se hai sentito la necessità di redigere un esplicativo "Epilogo" per affermare con chiarezza ciò che evidentemente non ti sentivi sicuro di aver trasmesso attraverso la sola storia.

Il massimo di te però l'hai dato nella "Nota per appassionati di letteratura" in cui ti vanti di usare per titolo una citazione dal Macbeth (per la seconda volta) che nessuno ha riconosciuto al contrario della prima solo perchè questa volta (al contrario della prima) non l'hai dichiarato tu stesso.

Il romanzo è Domani nella battaglia pensa a me.
Il consiglio è: non leggetelo.
Io ve l'ho detto.

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