domenica 29 novembre 2009

Frammenti di letture



Io sono piuttosto soddisfatto di stare al mondo! Il perchè non lo so. Può darsi che sia perchè la mia identità scissa in due si è sempre comportata come una coppia di comici, e così mi sono goduto la vita.
Il paese delle meraviglie, Murakami Haruki

giovedì 26 novembre 2009

Freddo

Quel brivido pungente, insistente, nelle ossa.
Il gelo dell'errore.
Quella sensazione antica d'essere io sola all'oscuro di tutto.
Il funzionamento del meccanismo che tutti conoscono.
Tutti, tranne me.
E' questo, sì, il nocciolo profondo della solitudine.
Il meccanismo che permette agli altri di entrare in te,
tu in loro.
Sbatto la faccia contro la stessa porta,
chiusa.
Il freddo è opprimente, ogni angolo del mio corpo è scosso da brividi intermittenti.
Non c'è coperta, fuoco, abbraccio, che possa lenirlo.
Ombrosa, malinconica, la fatica aumenta, ogni passo è più pesante, ogni apertura una ferita, un tradimento di sè.
Un nocciolo, cristallo indurito dal tempo,
da me.
E una lieve sensazione di disperazione si avverte,
un sottile odore di fallimento,
puzza di cadaveri che si ammassano nella memoria.
Basta con i lavoretti di manutenzione saltuaria:
esplodere, saltare in aria, volare via.

mercoledì 25 novembre 2009

Tech

Mi mancano le voci, i volti, i movimenti delle mani, le labbra increspate in smorfie o aperte in sorrisi, i mugugni, gli sguardi.
Mi manca il mutamento nella quotidianità.

Leggo un giapponese che mi trascina delicatamente in un'altra dimensione. Il protagonista e' sempre un uomo della mia eta' che sento profondamente familiare. Pagine e pagine di giornate solitarie in cui sembra che non accada nulla e invece succede tutto. Più leggo più faccio pace con la mia inattività, con il mio antico bisogno di solitudine.

Non sono una persona di compagnia, se non in gruppo e per brevi periodi. In un rapporto a due non sono molto abile, mi sento a volte
sguarnita altre soffocata.

"Non avevo nessuno da cui farmi tenere stretto fra le braccia. O da stringere a mia volta. Sarei invecchiato da solo, come un polipo
aggrappato a una roccia sul fondo marino"


Il paese delle meraviglie, Murakami

martedì 24 novembre 2009

Perché andiamo in moto?

Perché siamo matti!

Vado in moto perchè ...

Perché quando le sentivo arrivare in primavera, nelle prime giornate di sole, risuonava in me una corda, mi muovevano qualcosa dentro.
Perché quando ho guidato la prima volta mi è sembrato naturale e non ho più smesso di desiderarlo.
Perché quando abbasso la visiera e sento il clock della prima marcia,
si aprono i cancelli di un altro livello di esistenza.
Perché quando attraverso il mondo con la moto sento, vedo, odoro tutto, senza filtri.
Perché quando vedo una curva inizio a spostarmi sulla sella con la voglia di disegnarla con tutto il mio corpo.
Perché dopo centinaia di chilometri mi sento solo più libera, mai più stanca. La stanchezza è un momento lontano che giunge solo quando mi siedo a tavola con i compagni di viaggio e sulla pelle nuove sensazioni da raccontare.
Perché è pericolosa. È la vita, ma anche la morte.
Perché mi fa sentire fiera, sfamando una parte del mio ego,
quella messa in discussione da secoli di sottomissione femminile.
Perché mi ha messo in contatto con tante donne come me,
donne che non sono riuscita a trovare in nessun’altra dimensione.
Perché quando indosso la tuta,
chiudo gli stivali,
allaccio il casco,
stringo i guanti,
lascio tutto fuori e mi confronto solo con me stessa.
Perché è l’unico mezzo che mi ha dato la forza di percorrere km e km da sola, senza temere nulla.
Perché mi ha fatto scoprire il gusto del viaggio, il piacere di essere ogni settimana in un luogo diverso, ha reso le distanze ridicole e mi ha regalato volti e sorrisi nuovi, ma familiari.
Perché quando sono in moto gli altri sono parte di me, anche se sono sola.
Perché in moto non mi sento sola mai, legata a chi si porta dentro qualcosa che anch’io possiedo: quella scintilla di follia che ti fa salire in sella anche quando piove, anche se la salita è difficile, quel tornante è stretto, quella curva ti fa paura. E quando arrivo su un passo, ferma sotto il cartello per la foto di rito, mi sento come se avessi scalato il mio Everest personale.
Perché quando apro gli occhi la mattina e vedo il sole
non so immaginare altro modo per goderne appieno e fino in fondo.
Perché mi fa sentire diversa da tanti, ma simile ad alcuni.
Perché quando sono caduta o mi sono ferita ho solo desiderato risalire e ripartire.
Perché quando sono sulla mia moto io mi sento a casa.
Perché è una sfida che ho vinto, ma si rinnova ad ogni chilometro.
Perché mi ha tolto l’amico più caro ed io sono andata in moto più di prima: è ciò che mi resta di lui, il legame che non posso, non voglio spezzare.
Perché in moto non ho paura di morire,
lo metto in conto.
E con questa consapevolezza parto,
comunque,
sempre.

Il Paese delle Meraviglie

Ero il principe della delusione avvolto in un mantello di guai.
Avrei dormito come un sasso finchè non mi avesse svegliato un rospo grande come una Volkswagen Golf.


Murakami Haruki

lunedì 23 novembre 2009

Uno scrittore non dovrebbe mai rimanere senza i suoi quaderni

E' sorprendente come la mia anima chiami le mie mani
e mi induca a cercare come un animale affamato
fogli bianchi e una penna.
Nera.
Attimi in cui impellente è il bisogno di sentire i miei pensieri,
indagare i miei tormenti,
afferrarli con le mie mani.
Ho paura che fuggano via,
senza fermarsi quanto basta da leggerne il senso,
rischiando di perderli per sempre.
A gambe incrociate sul divano,
il quaderno aperto
sul solito cuscino a fare da scrittoio,
in una postura che la mia gamba riesce di nuovo a sostenere.

Sento un vuoto denso,
dove prima era pieno
ora c'è uno spazio svuotato.

venerdì 20 novembre 2009

Come volano gli Albatros

Quando ti chiedi
se ti stai innamorando di una persona
è perchè lo sei già.
E quando ti chiedi se l'ami ancora
è perchè non l'ami più.
Perchè quando si ama
non ci si pone domande:
si vive.

(mentre scrivo passa in radio "The End" dei Doors.
Un evento più unico che raro!)

martedì 10 novembre 2009

Inaspettato regalo

Quante volte ho visto il cartello della tua città
e ti ho pensato.
Ma sapere che tu,
quando hai visto quello della mia
hai pensato a me,
è una sorpresa dolce
che mi ha scaldata nella noia di un sabato di pioggia.

Mi hai chiesto di raccontarti ancora quella fiaba:
"All'improvviso le luci si sono spente ed è stato il buio!
D'istinto ho unito le mie labbra alle tue".


La sensazione di morbidezza che ho provato,
è intatta nei miei ricordi.
Ho desiderato riassaporarla infinite volte,
con fatica mi sono addomestica per farne a meno.

Scena finale

Le due ragazze camminano insieme verso l'università.
I due uomini fanno lo stesso, nella direzione opposta.
Io al centro, guardo le due coppie allontanarsi.

Mi chiedo se quello che provo sia il frutto delle mie difese: non mi sento nè sola né triste. Soddisfatta, sorrido mentre finisco la mia sigaretta. Infilo il casco e torno a casa senza pensare a nulla in particolare.

A un tratto, una parte di me tenta di convincere l'altra che dovrei sentirmi delusa. Ma l'altra è così serena e rilassata che non si lascia ingannare.
Dice: “Credi che non stia pensando a te? Che non avesse il desiderio di restare, guardarti negli occhi e farti ridere, godere della tua risata argentina, accarezzarti e sentire di nuovo il gusto delle tue labbra?”.

E mi rifiuto di dormire: troppe emozioni chiedono un canale di scolo.