giovedì 7 dicembre 2023

a-mors

Senza morte.


non è mai troppo tardi



8 tentacoli.

Ti sarebbe piaciuto.

Tema in classe

In quinta liceo scrivevo sempre i temi direttamente in bella.

Le prime due ore erano dedicate a buttare giù la bozza, dopo qualche giorno altre due ore per trasformarla in bella.

Quelle seconde due ore io leggevo perchè avevo già consegnato il mio tema alla fine delle prime due.

Senza alcun ripensamento o bisogno di modificare una sola parola o frase.

Quando la docente restituiva i temi corretti, ogni volta mi chiedeva di alzarmi in piedi e leggere il mio alla classe perchè era quello più significativo, quello che aveva colto ed elabotato al meglio la "traccia" che era stata assegnata.

Quell'anno non presi mai meno di 8.

Una sfilza di 8, 8 e mezzo, 8 al 9, 9.

Ora mi chiedo: ma perchè non ne ho tenuto nemmeno uno di quei temi?

Perchè non ho fatto la raccolta di quelle storie che scrivevo così bene, di getto, senza avere nemmeno il bisogno di modificare nulla?

Oggi rileggermi sarebbe straordinario, mi piacerebbe anche solo rivedere la mia grafia di allora.

Io ricordo che ogni volta mi stupivo di quei risultati ed anche del fatto che regolarmente quello che avevo scritto in prima battuta andasse bene com'era, che non avesse bisogno di correzioni, nè mie nè tantomeno dell'insegnante. Che tra l'altro fu con noi solo quell'anno, era una che ci considerava adulti e ci dava del lei, una tutta d'un pezzo che non faceva sconti e non cedeva mai a qualche sentimentalismo o gesto tenero. Mentre quella che aveva passato con noi i primi 4 anni era stata una vera chioccia, una che sulla correzione del tema, a parte i tratti rossi, scriveva sempre ad ognuno un pensiero conclusivo, un commento che riassumeva quello che pensava di noi sulla base di quello che avevamo espresso nel tema.

Con me era sempre tosta ma si capiva che lo faceva per stimolarmi. Una volta nell'angolo in alto a sinistra del mio foglio protocollo scrisse solo:

Impara ad usare intelligentemente la tua intelligenza!

Ci pensai tantissimo a quella frase, per alcuni versi mi fece provare anche un po' di vergogna, e ancora oggi mi tornano a volte in mente quelle parole, quando mi accorgo che anche se ho fatto la scelta giusta, sbaglio i  modi o i tempi e non ottengo quello che voglio, non raggiungo l'obiettivo.

Dicevo che alla restituzione di ogni compito in classe io mi stupivo che ancora una volta fosse andato così bene da indurla a chiedermi di leggerlo a voce alta, mi sembrava che stessi imbrogliando, che non erano poi così belli, così corretti, così giusti nell'elaborazione di quanto ci aveva chiesto.

E infatti all'esame di maturità presi solo 7,5 facendo degli errori grossolani. "Destrorso" scrissi, tra l'altro, e non fu accettato. Era un tema su argomenti politici, ed io all'epoca mi scaldavo molto per questo e credo che l'esaminatore esterno, sardo, fosse un po' fascio. Così decisi che l'esame finale dimostrava che per tutto il resto dell'anno avevo imbrogliato davvero.

Forse per questo non ne ho conservato uno, di quegli scritti, che pure oggi mi direbbero delle cose anche significative di  me. 

Forse in fondo non ho mai creduto veramente in me, ma ho sempre e solo finto di farlo.

Ed anche su questo c'è molto da lavorare.

V.

venerdì 10 novembre 2023

LISTA DI COMPLIMENTI ABITUALI

Non sai guidare.

Con quegli orecchini sei grezza (davanti a tutti).

Che rumore quei braccialetti, sembri una mucca.

Quando esci da lavoro, invece di andare a fare l’aperitivo dovresti andare a pulire casa, fare una lavatrice, cucinare. Se lo sapesse mia madre!

Sua madre scende a casa sua dopo una delle prime cene insieme: poteva almeno lavare i piatti.

Ma come facevi a guidare la moto se non riesci neanche a camminare.

È ancora molto lungo questo racconto?

Non sai cucinare.

I piatti li lavo io che li lavo meglio.

Com’erano le linguine alle vongole? Buone, ma io le avrei fatte meglio.

Potevi dartela una pettinata (davanti a tutti).

E non pensare di fare l’amore stasera, non se ne parla.

Hai l’alito che odora di alcool, nonostante non bevessi dalla sera prima: è impossibile perché da ieri avrai mangiato qualcosa e di solito quando uno mangia l’odore dell’alcool sparisce, quindi se ora lo sento è perché hai bevuto prima di venire da me.

Non ti bacio perché sai di alcool (pur non avendo bevuto proprio nulla e detto da uno che inizia la giornata alle 7 del mattino con il caffè corretto Sambuca).

Sorridente con i tuoi amici al Bar Tabacchi (con le emoticon delle risate) dopo avermi chiuso il telefono in faccia ed essere sparito per giorni.

Avevi ragione, tizio scopa con tizia. Risposta: beato lui!

Sei una deficiente ignorante.

Lei è migliore di te perché è giovane.

Quella tipa è proprio tanta roba (mentre guarda fuori dalla finestra passare una in bicicletta) e qualche giorno dopo, appena finito di fare l’amore, affacciato alla finestra per fumare: la tipa dell’altra sera non è più passata. Cosa faresti se si avvicinasse? Una così non verrebbe mai con me (ergo: io che sono venuta con te non sono granché).

Sul letto a guardare la TV, mi avvicino per accoccolarmi a lui, mi scaccia con la mano: sto guardando il film, ho caldo, mi dai fastidio, mi fai venire male al braccio.

Non ti amo e non ti ho mai amata.

Certe cose da me non le avrai mai.

Quelli vogliono solo scoparti (parlando dei miei amici).

Il sesso che sono sempre solo delle sveltine e solo quando ne ha voglia lui.

La tua casa fa schifo.

Mentre sto cantando allegra insieme al concorrente del programma che guardo sempre: ah questo è il programma di merda che ti piace tanto?

Ma cosa guardi la TV se c’è da apparecchiare la tavola (sono le sette di sera in piena estate e non ha ancora iniziato a cucinare).

Cucina sempre lui perché: perché? Sei capace a cucinare tu?

Domani vado dal parrucchiere: ti fai la tinta? (dopo avermi fatto notare diverse volte alcuni fili bianchi tra i capelli).

Andiamo a cena una sera ché voglio indossare il mio tubino nero. Con quella pancia?

Se vuoi andare d’accordo con me questo non lo devi fare, altrimenti non mi vedi più.

Nei rari momenti di consapevolezza e lucidità, forse suscitati dalla mia presenza calda e il mio affetto puro: “Ma secondo te è giusto che una persona come te voglia bene ad uno come me?”. O forse lo sopravvaluto e quelle erano solo altre forme di manipolazione per compensare i tanti gesti negativi e sprezzanti e mantenermi buona in caso di bisogno. Come quando gli servivano soldi.

 

In pratica nel suo piccolo mondo, nella sua sgangherata cerchia di persone disagiate, dalla famiglia agli amici, io sono l’ubriacona che non sa guidare, non sa cucinare né curare la propria casa.

Invece, io sono una donna di 48 anni:

autonoma e indipendente da quando ne avevo 25, con un lavoro fisso da 24, che vive da sola pagando un mutuo da 19, che guida l’auto da 29, passando da 5 di scooter e 4 di motocicletta (con cui ho girato mezza Italia percorrendo tanti km da sola ed tanti altri insieme ad un mucchio di persone diverse, senza mai un problema). Lavoro, cucino, pulisco casa, faccio la spesa e mi prendo cura di due gatti in totale autonomia.

Ma anche se non sapessi fare nulla di tutto questo o se non lo facessi secondo una qualche perfezione che ha stabilito qualcun altro non so a che titolo, sarei in ogni caso una persona adulta e matura, degna di rispetto e soprattutto di amore. Soprattutto ho sempre cercato di essere una persona libera, senza vincoli troppo stretti che mi chiudessero in un ruolo. Da adulta mi sono sempre ribellata a qualunque forma di costrizione, ho sempre cercato di camminare secondo il mio passo personale, ho sempre fatto scelte dettate dalle mie riflessioni o dai miei sentimenti, senza badare troppo alle opinioni altrui, senza farmi condizionare troppo dalle scelte altrui.

In questa storia sono crollata miseramente convinta che stavo finalmente imparando a scendere a compromessi, a comprendere di più le esigenze dell’altro, a tollerare meglio situazioni tanto distanti da me e dal mio modo di vedere le cose, pensando che ne valesse la pena. Per alcuni sono diventata irriconoscibile, abituati ad una Valentina tosta che non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. Ero convinta di amarlo, soprattutto, ma ora che la distanza è sempre più ampia, ora che leggo e mi informo su certe forme di relazioni tossiche mi rendo conto che forse ho vissuto solo un forte senso di attaccamento che non ha nulla a che fare con l’amore. Questo mi aiuta ad allontanarmi, sempre più sicura e serena che sia la cosa giusta.

Ho un tumore al polmone sx diagnosticato 4 anni fa, faccio regolarmente terapia ed esami di controllo da allora senza essere mai accompagnata da nessuno e non mi sono mai lamentata di nulla né ho mai usato la mia malattia per raggiungere altri scopi.

Ho sempre avuto un rapporto delicato con l’alcool: periodi in cui non ci siamo nemmeno sfiorati ed altri in cui ci siamo incontrati quotidianamente ma senza che questa relazione compromettesse mai nulla nel resto della mia vita. Certo, in alcune serate con lui il rapporto è diventato distruttivo perché frustrata dall’insoddisfazione e dalle mancanze che percepivo e che non avevo modo di affrontare. Avrei dovuto lasciare andare una persona che chiaramente non mi voleva davvero, invece mi sono intestardita in una relazione che mi ha risvegliato traumi passati e in cui inconsciamente credo di aver cercato riscatto e compensazione alle mancanze vissute da bambina.

Ma la vita non funziona così.

Le guarigioni non si ottengono così.

Ora lo so e lavorerò di conseguenza.

Sono una persona fortunata

Negli ultimi anni ogni volta che mi succede qualcosa di forte anche se negativo

Mi viene fuori una forza e un atteggiamento positivo verso la vita che mi sorprende ogni volta

Mentre ricordo benissimo come andavo profondamente a terra prima e mi chiudevo e facevo una fatica assurda a risalire

E sono certa che questo cambiamento è avvenuto a piccoli passi di fronte alle piccole avversità che pure ho sempre risolto

Ma poi è esploso fragorosamente quando ho saputo di avere il cancro

mercoledì 8 novembre 2023

25 Aprile 2022 - 25 Aprile 2023

In tutta questa storia orribile che ho vissuto, tutto ciò che riguarda la piccola mi ricompensa di ogni delusione e sofferenza e l’esperienza con lei rimarrà per sempre un ricordo bellissimo, ma non proverò mai più la nostalgia di tutte le volte in cui a causa dei problemi con lui ho dovuto rinunciare a lei. Adesso a volte mi tornano in mente delle cose legate a lei e mi viene solo da sorridere, non mi si stringe più il cuore come succedeva prima. 

Magari sto guarendo. 

E poi io sono convinta che la vita segua dei percorsi tutti suoi e se dovrà essere, sarà. 

Ricordo una domenica sera che dopo cena stavo per tornare a casa e lei guardò il padre con quel musetto triste e disse: “Papà, ma Valentina non può venire a vivere con noi?”. 

E la domenica dopo la passeggiata alla festa di zona lei mi chiese di pranzare con tutti loro su dalla nonna, ma io le risposi che non potevo perché dovevo andare da mia madre che era sola. Invece tornai a casa mia, perché quando stavo con loro io non prendevo mai impegni con nessuno, speravo sempre di pranzare assieme e solo all’ultimo scoprivo cosa avessero organizzato e regolarmente venivo esclusa. 

Mi piace pensare a quella volta che arrivò con sua madre al bar e quando mi vide spalancò la bocca e gli occhi dalla sorpresa, rimase pietrificata e poi corse ad abbracciarmi. 

O la volta che in piscina estrassi la carta igienica dallo zaino e lei disse: “Tu sei strana!”, e io: “Amore, siamo tutti un po’ strani”, e lei: “Ma tu di più!”. 

O tutte le volte che giocavamo con le carte della pasticceria e lei mi chiedeva: “Ti sei incastrata?” 

O quando l’ultima volta che ci siamo viste, suo padre andò a prenderla con la mia auto e lei esplose, contenta: “Ma questa è la macchina di Valentina!”, e appena salì mi disse: “Però questa macchina è proprio sporca!” 

O tutte le volte che saliva a casa mia, si guardava intorno alla ricerca della gatta e mi chiedeva, timorosa: “Ma ha gli artigli?”, e dopo: “Hai una casa fantastica!” 

O quel bellissimo sabato mattina che passai con lei perché nessun altro era disponibile e passammo il tempo un po’ giocando un po’ guardando i cartoni. Lui si fermò a fare la spesa prima di rientrare e quando entrò in casa trovò la tavola apparecchiata e noi tranquille a giocare in camera.

Oppure le volte che si accoccolava sul letto vicino a me per vedere un cartone il sabato sera, o quando al cinema commentava con me le scene che la colpivano di più. 

Ma in assoluto la volta più bella fu quando dopo l’ultimo film al cinema lui ci lasciò sole per fare una commissione e noi salimmo a casa mia a dare una scatoletta alla gatta. Dopo andammo a piedi fino al bar per vedere la partita. Lì c’erano tutti gli altri che festeggiavano la vittoria di una partita della loro squadra: musica, risate, cori e tutti, ma tutti dopo mi raccontarono che quando ci videro arrivare, camminando per strada una accanto all’altra, ridendo e chiacchierando, pensarono che eravamo bellissime, che si percepiva la bella intesa che c’era tra noi e che io sembravo un’altra persona. Lei si mise a giocare con tutti loro e sorrideva sempre.

Ecco, di lei ricordo che quando c'ero io sorrideva sempre.

A parte quella volta che pianse tutte le sue lacrime perchè le avevo promesso di portarla in un bel posto, era Portici di Carta, in centro, dove sicuramente avremmo trovato anche degli spazi per i bambini, ma i nonni rientrarono proprio in quel momento e ci impedirono di uscire.

Oppure era bellissimo quando andavamo al MacDonald’s e lei voleva sempre giocare con me al videogioco della gallina che deve attraversare la strada mentre passano macchine, camion, treni e ogni volta che non riusciva ad evitare qualche mezzo e finiva spiaccicata sull’asfalto ridevamo come pazze. 

O quando faceva mille smorfie buffe quando la fotografavo. 

Oddio! E quella volta che saltò la scuola per due settimane perché era stata male e al rientro si presentò con una busta con la V sopra al cui interno c’erano un ritratto di me e la mascherina di carnevale e suo padre mi disse che non stava più nella pelle perché non vedeva l’ora di darmela. 

O quando finì in ospedale e al padre che stava andando a trovarla chiese: “Papà, mi porti solo i gattini di legno?”, che gli avevo regalato io l’ultima volta che ci eravamo viste. 

E mille altri bellissimi momenti e sensazioni che mi ha trasmesso e che mi tornano in mente all’improvviso anche solo per assonanza con altre cose che sto facendo, tipo l’altro giorno, camminavo di ritorno dalla pausa pranzo con gli stessi stivali di quella domenica mattina che rientrando dalla festa di zona le dissi di non strascicare i piedi ma alzarli un po’ di più e lei mi rispose: “Ma anche tu fai così!”, ed in effetti anche io quando ho le scarpe basse tendo a strusciarle per terra. 

O anche solo il fatto che dopo tanti mesi dall’ultimo incontro la prima cosa che mi disse fu: “Hai tagliato i capelli e hai messo gli occhiali”. Era bello dopo ogni pausa dal rapporto con suo padre ritrovarla più alta, un po’ cresciuta rispetto alla volta prima. Come quando la misurai a casa mia e feci il segno con la matita che è ancora sul muro: 

1 metro e 20 cm – Alyson

Tutte queste cose che ogni tanto mi salgono alla memoria mentre sto facendo altro, mi scaldano adesso il cuore e mi aiutano a vedere il lato positivo di quella che è stata in realtà una delle esperienze più negative della mia vita a livello sentimentale. Mi permettono di non buttare tutto nel cesso e non vivere tutto come un pozzo buio. Danno un po’ di luce a lunghi mesi dedicati ad una storia che non ha mai avuto senso e una persona che non è mai stata alla mia altezza e non ha mai meritato di avermi nella sua vita. 

Tutti oggi obbietterebbero che invece avrei dovuto organizzare di più le mie cose, le mie persone, il mio mondo, ma io mi difenderei con la storia che non è semplice farlo quando stai con una persona che non c’è mai e quando c’è, cerchi di sfruttare il momento. Ma un'altra parte di me ammetterebbe che lui non c’era mai per scelta deliberata ed io avrei dovuto capire che era inutile continuare ad aspettare una persona così, ma in quel momento non riuscivo a fare diversamente. 

E su questo c’è molto da lavorare. 

Ma penso e spero che quest’ennesimo schiaffo in faccia dato senza il minimo rimorso (da lei, ma in realtà io l’ho ricevuto da lui) mi sia di grande lezione.

V.