Ho viaggiato per chilometri sulla mia carrozza d'argento al ritmo di rap nero americano con la temperatura esterna che aumentava ed io tiravo su le maniche del vestitino a fiori verde e nero e ogni tanto rollavo una sigaretta e lasciavo entrare il mondo da un finestrino abbassato, ma poco.
Ho il condizionatore in auto, l'ho usato per tenere fresco l'ambiente e non farmi cogliere dalla sonnolenza e un po' di noia, fino ad avere quasi freddo, le gambe nude e i soliti stivali comodi.
In autostrada ho saltato l'uscita giusta ma non mi sono preoccupata, sono tornata indietro e imboccato la statale fino a Tavarnelle, di fronte a me l'albergo mi aspettava silenzioso, immerso nella penombra delle sei del pomeriggio, adagiato sulle colline verdi e paglia.
La barba rossiccia sotto il casco aperto, il rombo familiare di un motore, un sorriso aperto e sincero e la prima battuta della giornata toscana: "Sei scosciata!".
La chiave della stanza, una rinfrescata veloce e il cambio d'abito, fa già fresco ed io mi vesto un po' di più. Scendo e incontro una donna e un fanciullo, gli amici che hanno permesso tutto questo, questo incontro a cui avrei dovuto rinunciare per mancanza di fondi e compagnia. Abbracci e baci, veri e spontanei, sorrisi complici e battute spicce chè ci si capisce al volo e ci si vuole bene e lo si sa.
Trasferimento per la cena e l'accoglienza è di quelle che nemmeno lo speri: volti noti che ti sembra di conoscere da una vita e invece ci si è visti appena due o tre volte, qualcuno anche una sola, ma le labbra si schiudono in automatico quando ti riconoscono sotto la cascata di ricci e dietro l'abito borghese. E tu loro, con la meraviglia di un senso di appartenenza che ritrovi e riassapori e ti senti ogni minuto più rilassata, semplicemente a casa.
"Come stai? Tutto bene? Che bello rivederti!"
Via via sfilano le moto di chi ritorna dal girello tra le curve del Chianti, un paradiso per chi, come me, lascia che a muovere la propria anima siano due ruote e un motore. L'atmosfera si scalda, l'aria si riempie di risate e chiacchiere e del fuoco che arde già sotto la griglia accanto alle fiorentine impilate e crude, sono così grosse che invitano a un rispetto regale.
In pochi minuti lo spazio si fa più stretto, più pieno di facce e corpi che stimolano un abbraccio, un sorriso, occhi che si spalancano, braccia che ti sollevano al cielo, macchine fotografiche che scattano a ripetizione, gruppi in posa, altri inconsapevoli d'essere fermati in un attimo e per sempre da un click rapido e silenzioso.
Ci chiamano a raccolta, ci sistemiamo a tavola e quest'anno ci sono gli amici che mi tengono il posto, che danno per scontata la mia presenza, l'anno passato mi si minacciava di lasciarmi in piedi quasi dovessi elemosinare il mio spazio, e il primo brindisi è per chi ogni anno realizza tutto questo e non si aspetta nemmeno un grazie.
Non bevo quasi nulla, non ho bisogno di espedienti per sentirmi a mio agio qui, 'stasera, sono serena e ho voglia di guardare ed ascoltare, più che di parlare. Mi sento dentro tutto questo e tutti loro più di quanto avessi potuto sperare, non avevo aspettative, non avevo immaginato chi, come, cosa: sono partita spinta da un richiamo che ho seguito senza farmi domande.
La serata ha un solo difetto: scorre via così veloce che quasi non m'accorgo della stanchezza e della sua fine. Resto fino agli sgoccioli, saluto tutti, uno per uno, un abbraccio, un bacio, la gioia negli sguardi e la sensazione di aver condiviso una serata diversa da sempre, al cui ricordo distenderemo le labbra in una smorfia di evidente soddisfazione.
Eppure non è accaduto nulla di speciale, abbiamo "solo" respirato un'aria di serenità e allegria che forse di questi tempi è più rara di quanto si sospetti, un clima di intimità che sovverte le regole dei numeri: come si fa a provare intimità tra 54 persone chiassose e un po' ubriache?
A volte si fa.
Ho la mente così sgombra e in pace col mondo che sbaglio strada al primo bivio, quando mi ritrovo di nuovo sola nella mia carrozza d'argento.
Ma non mi preoccupo, troverò un cartello, chiederò a qualcuno, mi guiderà l'istinto di sprofondare infine nel mio letto.
Non succede proprio così, ma sono dettagli, torno in albergo, mi spoglio, mi lavo i denti e mi strucco, fumo l'ultima sigaretta e penso: "Che bella la mia vita" e poi crollo sotto le coperte e in un sonno profondo.